Grazie al costante impegno delle suore, dopo un anno di lavoro, si notavano già evidenti segni di cambiamento sia nei bambini che in alcune famiglie. I rapporti in famiglia erano diventati più umani. All’Associazione affluivano più bambini. Il lavoro aumentava, i locali non bastavano e si richiedeva un maggior numero di suore per il lavoro. Venivano temporaneamente in aiuto delle buone signorine della città ed anche delle ragazze oneste dei villaggi, che suor Margareta aveva attirato con la sua familiarità. Alcune di queste ragazze desideravano farsi suore; però non volevano appartenere a Graz (Algersdorf), bensì a Maribor.

Mancava particolarmente il personale insegnante ed educativo. Per questo suor Margareta si rivolse ad Algersdorf, chiedendo altre insegnanti.

Nel settembre 1916, mese in cui io sono entrata nel convento come aspirante, ciò ci è stato raccontato brevemente e senza particolari delucidazioni: “Poichè non si poteva avere aiuto da Algersdorf per il lavoro che aumentava, non era possibile continuare l’Opera di Maribor”.

Suor Margareta dovette informare della situazione la contessa Brandys, presidente del’Associazione e il canonico Kosar, assistente diocesano dell’Associazione. Ella chiese decisamente alla presidente dell’Associazione di intraprendere qualche iniziativa, altrimenti le suore si sarebbero dovute ritirare ad Algersdorf ed abbandonare Maribor.

Ovviamente la presidente e la diocesi di Lavantal non erano d’accordo su tale proposta. Era necessario continuare l’opera iniziata dalle suore. Il desiderio di Slomsek, ormai realizzato, non doveva spegnersi.

La contessa Brandys fece i primi passi: “Non lasceremo andar via le suore da Maribor. Se sono riuscite finora nell’insegnamento, nei lavori di cucito ed altri lavori domestici, perchè non dovrebbero avere il sostegno dell’Associazione anche nell’avvenire”. Il lavoro proseguirà.

Suor Margareta non fu convinta dalla Presidente. Era consapevole che l’aiuto prestato dalle “ragazze” era temporaneo. Il loro desiderio era sì di diventare religiose, però non ad Algersdorf, ma a Maribor.

Suor Margareta conosceva bene le regole della vita religiosa e sapeva che questi desideri personali non erano in sintonia con la regola e con la vita religiosa, anzi erano d’impedimento, perchè contrari alla povertà e all’obbedienza: “Vado là, dove mi mandano i superiori”. Vi era una sola via di uscita. Se dalla superiora di Algersdorf non fossero riuscite ad ottenere almeno tre suore, non sarebbe stato possibile proseguire il lavoro.

Suor Nepomucena Ziggal raccontava a suor Gertrude Neuwirt, come le suore avessero vissuto ore assai difficili in quel periodo: “Ci eravamo così affezionate a Maribor e ai bambini, che ci faceva male il solo pensiero di doverli lasciare. Eppure abbiamo capito che non potevamo lavorare con successo in quelle condizioni. Con la preghiera riuscivamo a calmarci e affidavamo tutto al Cuore di Gesù che ci ha insegnato ad amare i bambini abbandonati e prodigare per loro le nostre energie. Non parlavamo tra di noi di questa dolorosa situazione. Non ne parlava la contessa Brandys nemmeno lo facevano in Curia. Ben presto le cose divennero chiare: tutti si davano da fare, ma ognuno cercava una via d’uscita a modo proprio.

Al di sopra di tutto c’era Lui, che ci aveva inviato in questo luogo e ci aveva insegnato ad amare questi bambini proprio come sono. Eravamo fiduciose che tutto si sarebbe risolto secondo la Provvidenza di Dio”.