Le prime Suore Scolastiche di Maribor, fondate da Madre Margarita Pucher, erano religiose del Terz’Ordine di San Francesco d’Assisi, e quindi praticavano alcuni atti penitenziali propri degli Ordini Francescani.
Le suore anziane (sr. Regina Gosak, sr. Aleksija Erzar, sr. Solastika Zurman) ci raccontavano che le suore della nostra giovane Congregazione conducevano una vita di grande penitenza. Sull’esempio di San Francesco mortificavano il proprio corpo con alcuni mezzi fatti per questo scopo. Facevano atti di penitenza anche alzandosi di notte a pregare, dormivano su duri giacigli, digiunavano, rinunciavano ad alcuni cibi, di venerdì soffrivano la sete in ricordo del buon Redentore che morì assetato sulla croce; di sabato, in onore di Maria Santissima, rinunciavano alla frutta ecc. Erano zelanti e sopportavano in silenzio tutte le difficoltà della vita, nel nascondimento, consapevoli di far parte di un ordine penitente di San Francesco. Alcuni atti penitenziali erano in vigore nelle nuove ed autonome costituzioni del 1922 e furono praticati fino al Concilio Vaticano Il. Ne elencheremo alcuni.
Il cilicio, mezzo di penitenza, era fatto di metallo inossidabile, formato da pezzetti mobili. Andava messo direttamente sulla nuda pelle. Ad ogni passo, durante il lavoro, ad ogni movimento causava dolori, talvolta anche delle ferite. Dipendeva dallo zelo della persona e dal modo con cui lo si metteva. Lo portavano per amore verso Gesù sofferente, in riparazione dei peccati del mondo, per la conversione dei peccatori, perchè il Signore distolga i castighi dal mondo che lo offende con il peccato.
Al tempo del mio aspirantato e noviziato (dal 19161920), nella Casa madre vi erano circa dieci suore anziane che portavano ancora il cilicio. Le riconoscevamo dal modo di camminare e di muoversi. Mentre in classe scrivevano alla lavagna, se facevano qualche brusca mossa, tremavano dal dolore. Noi giovani suore non abbiamo mai avuto in uso un tale strumento di penitenza. La maestra delle novizie, suor Aleksija Erzar, ci aveva fatto vedere tre esemplari di cilicio e ne aveva spiegato l’uso.
Un secondo atto penitenziale era la disciplina settimanale. La motivazione era uguale a quella del cilicio: in memoria della flagellazione di Gesù. Abbiamo letto molto sulla disciplina nelle biografie di santi penitenti. Nella nostra Congregazione la disciplina è stata soppressa, ma presso alcuni Ordini e da parte di singole persone, non è scomparsa.
All’epoca di Madre Margarita ed anche nel mio tempo, il digiuno e l’astinenza dal cibo, rinuncia ad alcuni cibi (carne, dolci, frutta, vino, oppure mangiare a sazietà una volta al giorno, rinuncia alla ricreazione ecc.) erano assai rigorosi non solo per le religiose, ma per tutti i fedeli.La Chiesa li ha mitigati con il tempo. E’ rimasto tuttora il digiuno a pane e acqua in molte parti. Vi sono tuttora delle mamme che per diversi mesi digiunano a pane e acqua per impetrare da Dio la grazia per i loro figli, per riportarli sulla retta via; e recitano rosari su rosari. E’ il grande prezzo dell’amore materno…!
Nel convento ci siamo attenute rigorosamente alle prescrizioni della Chiesa. Le superiori non permettevano penitenze particolari alla suore, tranne a quelle che godevano di buona salute. Le suore, spinte dallo zelo, ottenevano dai loro confessori il permesso di fare alcuni atti penitenziali, all’insaputa dei superiori. “Madre Margarita, considerandole in buona fede, pregava, pregava umilmente i confessori di non permettere alle suore di fare tali atti di penitenza, perchè alcune, molto zelanti, erano deboli di salute ed aveva paura che si ammalassero”. Si trattava anche di suore oberate di lavoro ed era prevedibile che tali penitenze potessero danneggiare la loro salute; e questo la nostra Comunità non lo desiderava affatto.
Non si conosce se questa umile preghiera della “Madre” nei riguardi dei confessori sia stata accettata con comprensione, però da quella volta in poi nessuna suora, con tutto il possibile zelo, ebbe più il permesso per particolari atti penitenziali.
In un’occasione la Madre Margarita, durante la ricreazione, fece un discorso su alcuni atti penitenziali che non danneggiano la salute: del dominio di sè, che è legato in un certo senso all’autoeducazione e in particolare modo due abitudini che bisognerebbe eliminare senza alcun danno alla salute. Queste due abitudini, che si ripetono spesso, sono la curiosità ed il parlare superfluo fuori tempo e fuori luogo.
Secondo la testimonianza di suor Regina Gosak, la Madre, sia scherzando che seriamente, suggeriva e insegnava come fare un’opera gradita a Dio fosse anche limitare la nostra curiosità. Diceva: “Conoscevo una persona che durante tutto il tempo di Quaresima, non si affacciava alla finestra, evitava di origliare e leggere i romanzi. Oggi la Madre avrebbe parlato dei programmi televisivi, anche per il fatto che alcuni sono addirittura peccaminosi.
Il silenzio stava a cuore a Madre Margarita e lo si deduce dal capitolo sul silenzio. In ogni occasione sottolineava il valore del silenzio. Quindi nulla di strano che abbia incluso il silenzio nel “digiuno spirituale”.
Vi erano molte occasioni per questa specie di digiuno: dalla mattina alla sera, durante 1’estate,dentro e fuori il convento, per le scale, per i corridoi, nei dormitori, in chiesa, durante il lavoro ecc. Secondo Madre Margarita il silenzio, compiuto con buona intenzione e serietà, è un digiuno salutare adatto a tutte le età ed a tutte le professioni. A noi che siamo nel convento si raccomanda di prendere come meditazione il valore del silenzio nella vita spirituale. Potremmo prendere esempio dagli ordini religiosi che si trovano in Slovenia e che osservano sempre il silenzio rigoroso.
Un esempio eccellente del silenzio è la Madonna, la quale avrebbe molto da dire al mondo di sè e del Suo Figlio Gesù, però ha preferito tacere e “conservare tutto nel suo cuore”. Come ci testimonia l’Evangelista, dinanzi al tribunale giudeo Gesù taceva. E’ scritto per tutti i tempi e per tutte le generazioni: “Gesù però taceva”.
Madre Margarita non aveva dimenticato di darci come esempio le nostre suore anziane, che sapevano parlare poco e tacere molto. Sapevano rendere nobile il loro silenzio. facendo una buona intenzione e offrendolo in riparazione dei peccati di menzogna, di mormorazione, di calunnia, di litigio, di molte altre offese, di discorsi scandalosi, di bestemmie ecc.
Era preoccupata che tra le suore che si impegnavano e, sotto l’ispirazione divina, cercavano di seminare il buon seme nei solchi della propria vita religiosa, venisse seminata anche la zizzania di incomprensione, di litigio, di parole irresponsabili, di decisioni non verificate, che potrebbero offendere e con difficoltà essere dimenticate. “Per cui desidero che le suore si rendano conto della visita di Gesù che, sotto le specie dell’ostia, viene nei nostri cuori, affinchè non lo disonorino con parole vuote che non hanno valore per la tesoreria divina e quindi non sono adatte per le persone consacrate a Dio”.
In vista del “digiuno spirituale”, Madre Margarita favoriva l’abitudine che le suore, prima di uscire di casa, chiedessero in ginocchio alla superiora la benedizione con l’acqua benedetta e il segno della croce sulla fronte. Lo stesso facevano nel rientrare in casa, riferendo alla superiora ciò che avevano compiuto. Una tale benedizione familiare le suore ricevevano in ogni occasione particolare: per il lavoro notturno, per l’assenza temporanea dalla preghiera comunitaria oppure per uno studio personale.
-“Per noi novizie, era di grande esempio il vedere le suore anziane, già superiore, con quale rispetto e umiltà si inginocchiavano davanti alla loro superiora legittima, più giovane di loro, e chiedevano ciò di cui avevano bisogno.
Cito alcune di queste religiose esemplari: la già superiora generale Madre Angelina Krizanic, Madre Stanislava Voh, la preside dell’Istituto magistrale suor Luitgardis Schweiger ed altre religiose importanti del collegio dei docenti della Comunità religiosa; per non citare poi le suore molto umili e semplici che non trascuravano mai le abitudini della vita religiosa”. –
Madre Margarita raccomandava questi esercizi per un “digiuno spirituale” in riparazione dei peccati di disobbedienza, di irriverenza, dei litigi delle famiglie tra genitori e figli, delle inadempienze dei figli verso i genitori anziani, bisognosi del necessario per la vita.
Tra gli atti di penitenza ordinaria nella nostra Congregazione, abbiamo annoverato anche il Capitolo delle colpe. Questo atto penitenziale veniva fatto al termine della settimana ed abbracciava tutto ciò che avevamo fatto per negligenza durante la settimana oppure avevamo omesso per spensieratezza o inconsapevolezza: la cura dell’abito religioso e degli altri oggetti di casa, nelle aule, se avevamo dimenticato di chiudere le finestre di sera, di chiudere le porte, di spegnere il fuoco nella stufa, spegnere la luce, di controllare se erano staccati i vari apparecchi elettrici, se avevamo fatto qualche danno, se avevamo chiacchierato, se avevamo mangiato durante il tempo o in luogo proibito, se ci eravamo fatte da sole l’ordine del giorno, le uscite dal convento ed altro che non fosse consono ad una religiosa coscienziosa, pur non essendo materia di confessione sacramentale.
Con il Concilio questo atto penitenziale (si potrebbe dire l’abitudine educativa) è stato eliminato. Recentemente ho sentito dire da alcune suore che l’averlo eliminato è stato di danno alla autoeducazione, necessaria ad ogni uomo cristiano, tanto più ad ogni religiosa.
In riferimento a questo vorrei menzionare il ricordo di suor Fabijana Neuwirth (anno 1923 circa) sull’ultimo capitolo delle colpe fatto da suor Margarita, la sera di fine anno del 1900, nella Casa Madre di Maribor, dinanzi a tutte le suore. A causa dell’avanzata età, stava a letto. Avendo sentito che le suore si radunavano al capitolo delle colpe dopo la preghiera della sera, aveva pregato la superiora, suor Solastika Zurman, di accompagnarla in refettorio, perchè voleva prendervi parte. La superiora l’aveva accontentata. Le suore erano contente della sua presenza e subito le avevano preparato una sedia per farla accomodare. La Madre non aveva voluto mettersi seduta. Con grande volontà si era appoggiata alla sedia e, inginocchiata e con tutta serietà, aveva fatto il suo capitolo delle colpe. Alla fine, sempre in ginocchio, giunte le mani, aveva chiesto perdono alla sua Comunità religiosa per essere stata inflessibile ed intransigente per quanto riguardava l’osservanza dei regolamenti religiosi, dell’ordine del giorno e le abitudini della nostra Congregazione. Aveva ringraziato per la loro disponibilità nel compiere tutto ciò che i superiori desideravano per il progresso della Comunità religiosa, affinchè questa potesse compiere il fine per cui era stata fondata. Aveva ringraziato perchè nel momento in cui Dio le aveva chiamate, erano venute “da noi, dalle Suore Scolastiche di Maribor. Fedeli ai vostri voti religiosi, avete dedicato qui tutte le vostre forze e capacità e con molti sacrifici, vi siete preparate per l’attività nella nostra Congregazione. Avete contribuito con la vostra numerosa presenza all’espansione della nostra opera al di fuori della città di Maribor; a fondare le filiali della nostra Congregazione non solo in Slovenia, ma anche negli altri paesi”.
“Sono felice e ringrazio Dio, la Madonna del Rosario, San Giuseppe e ringrazio anche voi, care sorelle, per l’aiuto, il sostegno, per le preghiere, i sacrifici e la fedeltà nel lavoro per la nostra Congregazione. Dio ha benedetto la nostra attività nell’educazione dei bambini. Secondo il desiderio del vescovo Slomsek e poi secondo il nostro desiderio, abbiamo dedicato tutte le nostre forze in primo luogo all’educazione dei bambini abbandonati e poveri della nostra città. Vi ringrazio che vi siete consacrate a quest’opera con tutto il cuore e dedizione. Ora per le vie di Maribor non si vedono più bambini abbandonati. Con ciò non è eliminata del tutto la miseria. Le nostre istituzioni rimangano fedeli alla loro fondazione originale. Cura ed educazione si dedichino in primo luogo ai bambini di famiglie povere e poi a quelle che possono pagare la retta scolastica. Impegnatevi inoltre che da noi non vi sia mai distinzione tra poveri e ricchi. Sono convinta che questa opera buona della nostra Istituzione francescana sarà coronata con la benedizione di Dio.”
“Per l’anno 1901, che inizieremo, vi ripeto il tradizionale augurio di salute e benedizione nell’attività con la gioventù. Desidero che anche nell’avvenire regni tra voi la riverente e benedetta carità fraterna, secondo la legge di Dio; amore e fedeltà alla nostra Istituzione, anche quando lavorerete nelle diocesi degli altri paesi al di fuori della Slovenia. Vi prego, rimanete religiose di preghiera, umili e modeste, fedeli a Dio secondo i vostri voti religiosi e ai vostri superiori, fedeli religiose del Terz’Ordine di San Francesco d’Assisi che era umile, modesto, obbediente imitatore di Gesù Crocifisso. Il Cristo umile, obbediente e povero, il Cristo di Francesco e nostro Dio incarnato, il quale, per volontà del Padre e per amore verso noi peccatori ha consegnato il suo sacro corpo alla passione e alla morte in croce. Egli è l’unico degno di diventare: “Mio Dio e mio tutto”.
Care sorelle, vorrei che questa preghiera del nostro serafico Padre Francesco diventasse una “preghiera eterna” della nostra vita consacrata a Dio. Sia presente in tutto ciò che facciamo durante la nostra giornata: nella gioia, nella sofferenza, nella salute, nella malattia, nella fortuna, nelle delusioni, nella preghiera, nel pentimento, nel riconoscere sia le mancanze del proprio carattere che le cattive inclinazioni della propria natura, le quali spesso e volentieri bussano al “nostro io” per farci dire: Io sono migliore, ho più successo. Le altre, in confronto a me, sono delle “poverette”; e, farisaicamente: “… non sono come quel pubblicano!”. Vi sarebbero altri esempi di debolezza che talvolta vorrebbero occupare il trono della nostra natura, inclinata al male.
Vi prego, quindi, care sorelle, questa preghiera sia sulle nostre labbra dalla mattina alla sera, in ogni occasione della nostra vita: “Mio Dio e mio tutto”. Quando preghiamo per noi stesse, per le consorelle, per i superiori, per la nostra Congregazione, per la gioventù, per le famiglie, per le persone sconosciute, per tutti quelli che sono nella nostra Patria e nella Chiesa, questa preghiera sia una supplica e una conferma: “Mio Dio e mio tutto”. La preghiera: “Mio Dio e mio tutto” sia “l’eterna preghiera del vostro e del mio cuore consacrato a Dio. della vostra e della mia vita”.